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RIVISTA DELLA FAGR-Editore
LA VITA BURRASCOSA DI UN POETA RUSSO 
 
Il poeta moscovita Aleksandr Puskin (1799-1837), le cui opere letterarie vengono considerate oggi tra le migliori del Romanticismo russo, seppe creare un linguaggio semplice e puro che fu fondamentale per il rinnovamento della letteratura in Russia. Proveniva da una famiglia nobile, ma non agiata e di lui si occuparono i nonni materni, due intellettuali facenti parte del circolo letterario Arzamas, i quali gli permisero di incontrare scrittori fin dall'infanzia in grado di stimolare la sua giovane mente. Molti sono i capolavori che scrisse come il romanzo storico “La figlia del capitano” o il poema “Il cavaliere di bronzo”, tuttavia fu a lungo mal visto perché considerato un poeta di idee liberali. Puskin si ritrovò spesso costretto all'esilio in zone isolate dallo zar Alessandro I. Il suo periodo più fecondo risulta quello trascorso a Pietroburgo, qui scrisse parecchio, si sposò e avviò una sua rivista. Il suo successo attirò l'attenzione del nuovo zar  Nicola I e il poeta si ritrovò perciò a frequentare l'ambiente di corte, ma partecipare agli eventi mondani gli creò parecchi problemi, specialmente a causa della bellissima moglie, Natal'ja Nikolaevna, da cui ebbe quattro figli. Pare che perfino lo zar Nicola fosse innamorato di lei; infinite furono quindi le invidie sorte per la tanta fortuna professionale e affettiva. Un giorno gli arrivò per lettera un foglio dove appariva un “diploma di cornuto” che lo mandò fuori da ogni grazia. Per difendere l'onore della moglie accusata di infedeltà, sfidò a duello il marito della sorella della moglie, Ekaterina Nikolaevna, trattasi dell'ufficiale francese Georges D'Anthès e purtroppo venne da lui ucciso il 10 febbraio del 1837. Il poeta non era un uomo d'armi come il suo rivale perciò il suo si può definire un duello impari. Finì in tal modo la vita di Puskin e la sua brillante carriera letteraria bruciata malamente, lasciò molti rimpianti nei romantici di tutta Europa. 
 
(FAGR 29-01-2022)