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RIVISTA DELLA FAGR-Editore
LA MENTE CHE CREO' FRANKESTEIN 
 
Fu una donna, Mary Wollstonecraft Shelley (1797-1851), a scrivere il libro intitolato Frankenstein, il quale risulta come l'esempio letterario più celebre dello scienziato pazzo, ossia colui in grado di rappresentare la tracotanza degli scienziati disposti a tutto pur di affermare la propria grandezza. 
Mery Shelley era la moglie del poeta Percy Bysshe Shelley, nonché figlia della prima femminista liberale della Storia (di cui portava lo stesso nome) e quando una sera mentre si trovava in vacanza con il marito e gli amici, il più vispo di loro di nome George Gordon Byron, propose il gioco d'inventare una storia ciascuno per intrattenersi, lei partorì sicuramente la migliore, infatti di quelle degli altri poeti non rimane più nulla, ma al contrario il suo protagonista, Frankenstein, è ancora oggi conosciuto da tutti. 
Colta e raffinata, questa scrittrice crebbe in un ambiente intellettuale dove esisteva una grande ostilità verso gli scienziati illuministi convinti di sapere tutto del mondo, ma lei fu certa  che sarebbe caduta una punizione sulla loro vanità e ciò traspare chiaramente dal romanzo Frankenstein, diventato famoso anche per essere stato il primo a mostrare un medico al pari di uno stregone impazzito.  
Seppure di racconti orripilanti se ne trovino già in gran quantità negli antichi poemi epici e anche nei testi sacri, sarà però con l'avvento del Romanticismo nell'Ottocento che il genere horror inizierà a piacere sempre di più alla gente proprio per il suo essere capace di portare elementi irrazionali (di cui la Scienza negava l'esistenza) nella vita quotidiana a scopo di analizzarli attentamente.   
Ciò che gli intellettuali romantici come il fondatore del genere  horror letterario Edgar Allan Poe (1809-1849), Mary Shelley e altri vollero, fu soprattutto colpire le certezze smisurate delle idee illuministiche settecentesche e bisogna dire che ci riuscirono alla grande.  
 
(FAGR 5-9-16)